Con Paganini raggiungiamo le vette più alte del virtuosismo.
Se è vero che Rossini disse: “solo due volte piansi: quando mi cascò in acqua un tacchino farcito di tartufi e quando sentii suonare Paganini” … vorrà pur dire qualcosa!
Oggi incontriamo Niccolò Paganini. Parlare di Paganini vuol dire, ovviamente, parlare anche di virtuosismo. Paganini è stato un violinista, un chitarrista e un compositore. Forse si può dire che la figura di Paganini compositore sia quella meno famosa, e da qui partiamo.
Iniziamo con l’ascoltare un frammento dell’Allegro dal concerto op.11 in DO maggiore, più conosciuto con il nome “Moto perpetuo” Moto perpetuo – Allegro. Quello che abbiamo ascoltato è il tema di questo Allegro che ha come moto perpetuo lo scorrere incessante di quartine di sedicesimi (vediamole sullo spartito)().
Collochiamo ora il personaggio nel suo momento storico: nasce nel 1782 e muore nel 1840. Stiamo parlando quindi del primo ottocento – del periodo romantico – e si può certo affermare che Paganini ben incarni gli aspetti più tipici e connotativi del personaggio romantico.
Egli dedicherà molto spazio al violino nelle sue composizioni, anche se la poca cura e la ritrosia nello svelare le sue novità tecniche farà sì che alcune siano andate perdute o giunte sino a noi senza partitura orchestrale (o con indicazione di organico parziale).
Il virtuosismo costituisce, senza ombra di dubbio, l’aspetto primario che ritroviamo nelle sue composizioni e nelle sue esecuzioni: ricordiamoci sempre che egli scriveva per le sue mani, per le sue capacità!
Uno dei primi pensieri che associamo a Paganini è la leggenda/diceria di “aver venduto l’anima al diavolo“.
Le sue immense capacità virtuosistiche, e il non aver mai smentito i pettegolezzi, hanno alimentato il mito della figura mefistofelica …