L’umorismo in musica in tre livelli.
Il primo, più semplice e diretto, dove è presente la parola.
Il secondo, quando si passa all’ironia affermando una cosa intendendone l’opposto.
Il terzo, quando l’umorismo diventa esplicito solo se l’ascoltatore possiede dei prerequisiti per comprendere il messaggio.
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Oggi parliamo di umorismo in musica. Sorridiamo un po’.
Passeremo da quello più evidente a quello più nascosto.
Quando la musica si accompagna alla parola, l’umorismo è sicuramente più immediato, più facile. Ad esempio, le opere buffe o talune canzoni rendono, grazie alla parola, il messaggio umoristico esplicito e chiaro.
Iniziamo con un esempio sonoro: “‘a risa“, una canzone del 1895 di Bernardo Cantalamessa. Questa è stata la prima incisione fonografica italiana e il Cantalamessa fu ispirato da una canzone interpretata da George W. Johnson, che aveva ascoltato tramite un fonografo in una vetrina di un negozio.
La canzone in questione era “The Laughing song” e il cantante eseguiva delle risate a tempo che colpirono molto il nostro musicista, tanto da spingerlo a creare la sua versione. Ascoltiamo (nel video) un frammento di “‘a risa” eseguita dall’autore.
Ora un secondo esempio dove musica e parola ci faranno sorridere. Utilizziamo una composizione che normalmente ci aspetteremmo più seriosa. Siamo ne 1608, il compositore è Antonio Banchieri e il brano si intitola “contrappunto bestiale“.
Si tratta di una composizione polifonica a cinque voci ed è suddivisa in una “capricciata” – che nel video sentiremo in sottofondo – ed un contrappunto eseguito da un cane, un gatto, un cucco (cucù), un chiù (civetta) e un basso. Le simpatiche bestiole sviluppano la loro esecuzione su una linea melodica del basso che sembra seria ed austera, ma è in latino maccheronico…